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giovedì 8 giugno 2017
16:00

Calcio-Miracoli: 5 Capolavori per 5 artisti del calcio

di Jacopo Ramponi e Filippo Bergamini per #tuttoilcalcioblog

Torna la nostra rubrica di storie con un'altra puntata avvincente. 

Il calcio, come ben sappiamo non è solo schemi, tattica e moduli.
Nel calcio possiamo trovare la più primordiale e genuina delle emozioni: il divertimento. Pensiamo a tutti quegli “Olè” di entusiasmo negli stadi dopo un dribbling secco, dalla terza categoria alla serie A ciò che scalda gli animi ancor più del risultato è la giocata; come ogni artista ha la sua mano anche tra i più grandi del pallone vi sono marchi distintivi che rimarranno sempre nella storia.

1) L’elastico di Rivelino
Roberto Rivellino (alias Rivelino) è stato tra i giocatori più “moderni” del calcio passato, ala sinistra con una tecnica fuori dal comune si laureò campione del mondo col suo Brasile ai Mondiali in Messico del 1970. E’ proprio qui che esibì la sua inimitabile giocata, l’elastico. Chiunque di noi, sin da piccolo ha provato a imitarlo: pallone incollato all’esterno piede che con un tocco improvviso d’interno cambia direzione in modo repentino, proprio come fosse un elastico, in un sinuoso movimento che ricorda quello di un serpente. Giocata resa poi celebre in epoca recente da Ronaldinho.


2) Il dribbling di Garrincha
Manoel Francisco dos Santos era matto veramente, oltre alla sua passione sfrenata per donne e alcool
ricordiamo il suo curioso nomignolo “Garrincha”, attribuitogli dalla sorella per il minuto aspetto che lo rendeva simile al piccolo volatile sudamericano. Anche in campo i suoi movimenti erano unici: un’andatura caracollante con finte fulminee che ricordavano proprio i saltelli del passero. Da tutto questo ne esce fuori un dribbling difficile da descrivere ma facilissimo da apprezzare: Garrincha balla con l’avversario, lui si muove e la palla rimane ferma. In questo curioso ballo è talmente bravo da mandare sempre fuori tempo il diretto marcatore, lo ubriaca per meglio dire, portandolo esattamente dove vuole


3) La Boba di D’Alessandro
Tra argentini e brasiliani non corre buon sangue da generazioni, ma Andrès Nicolàs D’Alessandro,
argentino di nascita e di scuola calcistica è riuscito a farsi amare in terra verdeoro come nessuno prima d’ora. Il perché di ciò trova risposta nei suoi piedi e nella sua fantasia, trequartista che parla la lingua universale del calcio spettacolo, tanto da essere definito da Maradona come “l’unico che mi diverte quando guardo una partita”. Andrès ha trovato la sua seconda casa all’Internacional di Porto Alegre, dove ha deliziato il pubblico dello Stadio Gigante da Beira-Rio con il suo marchio di fabbrica: La Boba.

La Boba è una finta che “enboba” l’avversario, ovvero lo imbambola, palla portata indietro con la suola, fermata con l’interno e lanciata avanti, sotto le gambe o sul lato debole del difensore. Una giocata tanto semplice quanto efficace.

4) La roulette di Zidane 

Zinedine Zidane non ha certo bisogno di presentazioni e il suo cavallo di battaglia è in linea con il
suo modo di esprimere calcio, riassumibile in una sola parola: eleganza. La roulette non è una giocata di velocità o di potenza pura ma richiede un’intelligenza e una lettura del gioco fuori dal comune, un capolavoro decisamente imprevedibile. La sfera viene prima accarezzata con la suola di un piede, per poi seguire il fluido movimento di rotazione del corpo attorno al proprio asse, guidata dalla suola dell’altro.
Meravigliosamente inaspettata.


5) No Look di Ronaldinho
Ronaldinho è quel giocatore che ha incantato tutti noi nativi degli anni 90, quello che mi piace definire come il calciatore più divertente di tutti i tempi. La sua forza era proprio la capacità di essere decisivo divertendo, di risultare sempre innovativo e mai prevedibile in ogni suo movimento. E’ stato veramente difficile scegliere solo una sua giocata, lo abbiamo visto a suo agio con il Sombrero, con il doppio passo, con l’elastico e con la Rabona, ma tra tutti queste finte e colpi di genio spicca il cosiddetto passaggio No Look. Come suggerisce il nome gli occhi e la testa sono rivolti in un punto, il pallone invece viene proiettato nella zona di terreno non coperta dal campo visivo. La genialità di questa giocata nasce dagli spazi che Dinho è sempre stato in grado di aprire per i compagni e dal fatto che tutte le attenzioni dei difensori fossero focalizzate su di lui in quel preciso istante. Quindi se vi viene la brillante idea che Ronaldinho possa non vedere un compagno che arriva in sovrapposizione a 25 metri da lui preparatevi a rimanere stupiti, ne sanno qualcosa le migliori difese d’Europa.


Filippo Bergamini

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