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venerdì 1 agosto 2014

"Un uomo solo è al comando"... Gli italiani nella Leggenda del Tour

#tuttoilcalcioblog

di Stefano Stradotto

2 Agosto 1998: le note dell’inno di Mameli risuonano sugli Champs-Elysées di Parigi dopo il trionfo al Tour di Marco Pantani; l’ultima volta, fino a questo 2014, fino a domenica scorsa, 27 luglio, quando il tricolore issato più in alto è stato nuovamente quello con il verde affiancato al bianco ed al rosso per merito di Vincenzo Nibali, nato a Messina, cresciuto ciclisticamente in Toscana, residente a Lugano, in una sorta di percorso di avvicinamento, anche geografico, verso la gloria parigina. Un’impresa storica per lo sport italiano: il Tour, corsa ciclistica più importante ma anche uno degli eventi sportivi in assoluto più prestigiosi, ha visto sette italiani sul gradino più alto del podio, per un totale di dieci trionfi, in 101 edizioni. A leggerla così, un evento epocale, e non è sbagliato o esagerato dirlo.. A qualche giorno di distanza dal trionfo di Vincenzo (anche per inquadrare ancor più la portata storica della sua impresa) abbiamo dunque pensato di partire per un ideale viaggio alla guida di una altrettanto ideale macchina del tempo per andare velocemente a toccare, a sfiorare, le dieci vittorie che si trasformano automaticamente in leggenda.. Perché il ciclismo, probabilmente più di qualsiasi altro sport, si presta a travalicare i confini della competizione, dello sport, per raggiungere quelli del mito, dell’epica… Anche con tutte le cadute del caso, non in strada con una bici ma in ben altri e dolorosi modi… E d’altronde “due volte nella polvere due volte sull’altar” (e per il ciclismo potremmo moltiplicare entrambi i numeri) lo scriveva proprio un illustre italiano in riferimento ad un pezzo di storia francese.. Per un sito come il nostro, dedicato al racconto dello sport alla radio, il privilegio di poter compiere questo viaggio ripensando a voci e a radiocronache entrate a loro volta nel mito e nella leggenda, tanto che accostando radio e ciclismo diventa difficile stabilire se l’una abbia alimentato la magia dell’altro o viceversa.. E d’altra parte, soprattutto negli anni epici del pedale, le emozioni radiofoniche più indelebili sono proprio legate al ciclismo, quasi ci fosse un'affinità di stile o di sentimenti tra il racconto ad un microfono ed il correre in bicicletta…

Nel 1924 e ’25 per la verità la radiocronaca sportiva deve ancora affacciarsi all’orizzonte, mentre in Francia un italiano conquista per la prima volta la Grande Boucle: è Ottavio Bottecchia a sorprendere i francesi con un’impresa destinata, inevitabilmente, a restare indelebile nella storia della corsa francese, cioè quella di aver comandato la classifica generale dalla prima all’ultima tappa. Bottecchia bissa il successo l’anno dopo; in entrambe le occasioni, peraltro, si aggiudica quattro tappe, proprio come Nibali in questa edizione, a 90 anni di distanza…




L’Eiar ha invece già portato in Italia le radiocronache di sport (con Nicolò Carosio già mattatore) nel 1938 quando un altro italiano si veste di giallo: è Gino Bartali, nato a Ponte a Ema in Toscana esattamente 100 anni fa, il 18 luglio (e proprio quel giorno, altro incrocio e segno del destino, Nibali ne ha celebrato il centenario in maglia gialla con la vittoria di Chamrousse); se Bottecchia non aveva mai vinto un Giro d’Italia, a fronte dei due Tour, Bartali è invece già un idolo in patria, ma quell’anno il regime fascista chiede espressamente a Ginettaccio di non prendere parte alla corsa rosa per puntare tutto sulla Grande Boucle.. Ed ecco che, dopo 11 giorni in maglia gialla, per la terza volta un italiano esulta a Parigi.

Poco dopo, il secondo conflitto mondiale interromperà tutto, compresa la carriera di Gino, che però riuscirà a compiere la sua impresa più bella dopo la guerra: a dieci anni esatti di distanza, infatti, Bartali è di nuovo re del Tour, anche questo un record fino ad oggi rimasto ineguagliato. Ma il trionfo del ’48 non ha solo grande valenza sportiva ma anche, e forse soprattutto, sociale e perfino politica, a testimonianza di quanto il ciclismo abbia significato in particolari momenti della storia del Paese: in quei giorni la situazione in Italia è tesa, delicata, dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, tanto che il Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi contatta al telefono Gino, in rimonta alla vigilia della tappa decisiva, per spronarlo, quasi per chiedergli espressamente di vincere il Tour.. Così sarà, per l’esaltazione degli italiani ed un clima sulla scena politica rasserenato…Ecco come la "Settimana Incom" raccontò l'evento..




L’anno dopo il Tour parla ancora italiano, con una sorta di staffetta tra il Campione ormai affermato e l’emergente che da Campione diventerà Campionissimo, Fausto Coppi. Coppi e Bartali corrono nella stessa squadra, Fausto arriva dalla vittoria al Giro e, non senza polemiche, scalza il più esperto compagno attaccandolo dopo una caduta; il trionfo di Coppi, sul podio proprio davanti a Bartali, sarà costruito in montagna ma anche con due vittorie a cronometro. Coppi è il primo corridore a centrare la storica accoppiata Giro-Tour nella stessa stagione.
Alla radio il ciclismo è frattanto diventato la leggenda cui facevamo riferimento in apertura; sono gli anni dei magistrali affreschi radiofonici di Mario Ferretti, del “..Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi..” (formula coniata per una Cuneo-Pinerolo ma diventata il simbolo ed il manifesto di un’intera epoca).

Ed il racconto via radio delle imprese di Coppi, per quanto riguarda il Tour, si arricchisce di un nuovo esaltante capitolo nel 1952: Fausto, per la seconda volta, centra l’accoppiata Giro-Tour, in una Grande Boucle dominata con cinque vittorie di tappa. Abbiamo parlato di immagini sonore, e proprio in quel Tour eccone una che da sonora diventa visiva, restando tale a imperitura memoria per generazioni.. Il mitico passaggio di borraccia tra i due rivali di sempre, tra Coppi e Bartali, circondato dal mistero mai del tutto svelato su chi dei due l’abbia passata all’altro (anche se sottovoce sottolineiamo come gli approfondimenti e le testimonianze, negli anni, facciano propendere per un gesto di generosità da parte di Ginettaccio…)






Il nostro viaggio tra i trionfi italiani prosegue ancora soffermandoci su Coppi.. Purtroppo però non per un nuovo successo: il 2 gennaio 1960 il Campionissimo si spegne, fulminato dalla malaria. Ed è proprio in quel 1960 che, quasi fosse scritto, l’Italia torna a festeggiare a Parigi: a centrare il successo è Gastone Nencini, che aveva nell’idolo francese Jacques Anquetil il suo rivale principale in quegli anni.. Nencini nel ’60 fu irrefrenabile, mancando il successo al Giro per appena 28” (un distacco minimo anche e soprattutto per il ciclismo dell’epoca) ed andando poi a centrare il Tour (curiosamente non vi prese più parte dopo il trionfo) vestendo per 12 giorni la maglia gialla.





Il 1960 è peraltro un anno chiave anche per lo sport alla radio, con la nascita di “Tutto il calcio minuto per minuto” ed il grande impegno per le Olimpiadi di Roma. Dopo i tempi pionieristici di Mario Ferretti, al racconto delle grandi corse ciclistiche si succedono a partire dagli anni ’60 nomi e voci quali quelle di Adone Carapezzi, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Alfredo Provenzali, Claudio Ferretti, insomma il gotha delle radiocronache sportive, mentre in tv, con le prime dirette di corse ciclistiche, entra nell’immaginario collettivo la voce di Adriano De Zan.
Un passaggio di testimone dunque quello, a distanza, tra Mario e Claudio Ferretti; in questo stralcio di "Amarcord", storica rubrica del nostro blog, riascoltiamo proprio il figlio raccontare il padre..





Proprio ad Enrico Ameri, storica prima voce del calcio, tocca invece il racconto radiofonico di un nuovo successo italiano al Tour, quello di un giovanissimo Felice Gimondi, appena 22enne, nel 1965. Ancora una volta ai francesi toccò ingoiare bocconi amari: Gimondi, arrivato in Francia come gregario di Adorni ma subito messosi in mostra come uno dei più in forma, si lasciò infatti alle spalle l’idolo di casa e grande favorito per il successo finale, Raymond Poulidor.





Dopo il 1965 il Tour de France diventerà un autentico tabù per gli italiani; ad arrivare più vicini al sogno saranno Gianni Bugno e Claudio Chiappucci, che cozzeranno però contro l’inizio dell’era-Indurain. Nel frattempo, in questo viaggio nel tempo, la nostra ipotetica radio ci trasmette nuove voci impegnate nel racconto del ciclismo, con l’esperienza e la competenza di Roberto Collini a fare da chioccia, con l’arrivo degli anni ’90, a voci che arriveranno di fatto fino ai giorni nostri al seguito delle corse quali quelle di Giulio Delfino, Francesco Pancani (che come sappiamo quest’anno succederà a De Zan nel racconto di un’impresa italiana al Tour, in tv), Antonello Orlando o Giovanni Scaramuzzino.
E proprio la voce di Collini annuncerà via radio agli appassionati italiani un successo atteso ben 33 anni: Marco Pantani riporta infatti il Tour in Italia, nel 1998, cogliendo peraltro l’accoppiata Giro-Tour fino ad allora esclusiva di Coppi per quanto riguarda i nostri corridori; il Pirata, già sul podio parigino nel ’94 e nel ’97, sul gradino più basso, compie in quei giorni il suo capolavoro, suggellato dall’impresa di Le Deux Alpes, sotto il diluvio, in una giornata da tregenda che riporta non solo il Tour in Italia ma anche il ciclismo tra le passioni degli italiani, anche quelli non avvezzi solitamente alle corse, e a scalzare il calcio dalle prime pagine dei giornali..





Di coincidenze, di corsi e ricorsi, ne abbiamo incontrati diversi in questo nostro percorso; non possiamo non sottolineare allora come fosse probabilmente inevitabile che un nuovo successo azzurro sui Campi Elisi, dopo 16 anni di digiuno e gli anni più bui del ciclismo, arrivasse a 10 anni esatti dalla scomparsa dello stesso Marco Pantani e a 100 dalla nascita di Gino Bartali.. Delle imprese di Nibali abbiamo ancora pieni gli occhi e le orecchie, con il racconto di Giovanni Scaramuzzino ed Emanuele Dotto, anche loro iscritti nell’”albo d’oro” parallelo dei grandi del microfono ad aver raccontato l’Italia sul tetto del Tour. Sulle nostre pagine tutto è stato sviscerato, ciclisticamente e radiofonicamente, dal nostro Alessandro Atti in questo post, tramite il quale potrete compiere anche un ulteriore passo indietro-audio al successo di Pantani

Noi allora ci incamminiamo sulla via del ritorno, dopo questo viaggio nella memoria.. E, guidando verso casa, non possiamo non immaginare che la nostra radio, dopo le radiocronache delle imprese italiane, stia trasmettendo questa canzone... Nibali trionfa a 100 anni dalla nascita di Bartali ed allora il brano di Paolo Conte a quest'ultimo dedicato è senz'altro adeguato.. E non solo per questo, ma anche per quel passaggio "..e i francesi che s'incazzano, chè le palle ancora gli girano..".... Con due francesi a guardare dal basso verso l'alto un nostro connazionale in mezzo a loro sul podio non può che essere la colonna sonora ideale per il trionfo del dominatore gentiluomo.. Un trionfo italiano!






1 commenti:

Pronostici calcio ha detto...

Nibali è troppo forte!

NOTA

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