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mercoledì 8 gennaio 2014

Un passo nella storia - Episodio 97

di Roberto Pelucchi

Apriamo il nuovo anno con uno stralcio dell'intervista che Roberto Collini - ex radiocronista di Tutto il calcio, ma soprattutto voce del ciclismo e degli sport invernali - ha concesso il 27 dicembre 2012 al quotidiano Il Piccolo di Trieste. Collini è andato in pensione proprio un anno fa, dopo averne trascorsi tredici a dirigere la sede regionale di Trieste.

All'inizio fu una “rovesciata”, la telefonata, a carico del destinatario, con cui in un giorno d'estate del 1969, dettò tabellino e pezzo della partita dell'Ugg al torneo di basket della Valtellina. Fu il suo esordio nel giornalismo. Quarantaquattro anni dopo quella “rovesciata” il cronista, l'inviato e il direttore passano finalmente il testimone al pensionato Roberto Collini. Collini, che effetto le fa essere pensionato? "Non ci penso. Non lavoro più alla Rai, ma ho un sacco di cose da fare". La politica per caso? "Non cominciamo eh...". Allora cominciamo da quella “rovesciata”. "Frequentavo l'ambiente del basket dell'Ugg e seguivo le trasferte. Ero studente al Fermi, dove mi sono diplomato ragioniere prima della Laurea in Scienze della comunicazione. Un giorno mi chiama Maurizio Calligaris, responsabile della redazione goriziana del Messaggero Veneto, e mi chiede di dettare un pezzo dalla Valtellina sulla partita della Splügen-Ugg. Il pezzo è piaciuto ed è stato il mio inizio". Poi? "Nel 1973 l'assunzione come praticante alla redazione di Udine dell’Mv, professionista nel 1975 e nel dicembre di quell'anno il ritorno alla redazione di Gorizia, dove sono rimasto sino all'assunzione alla Rai nel 1978, ancora nella redazione di Udine". Da collaboratore gavetta con i fiocchi a cominciare dalla cronaca nera. E che nera. Sei ottobre 1972 il dirottamento di un Fokker all'aeroporto di Ronchi. Lei c'era e fu uno scoop. Cosa accadde? "Fui attento e fortunato. All'epoca vicepresidente dell'aeroporto era Mario Del Ben, che era assessore a Gorizia e che conoscevo bene. Mi fece entrare di nascosto nel suo ufficio dove potevo vedere da vicino, e dettare in diretta, le drammatiche fasi del dirottamento culminato con l'uccisione di Ivano Boccaccio". Era la stagione delle stragi. La bomba inesplosa alla Transalpina, forse la prova generale, per fortuna fallita, della stage di piazza Fontana. E l'attentato di Peteano in cui la sera del 31 maggio del 1972 un'auto piena di tritolo esplose uccidendo tre carabinieri. Nei servizi Rai dell'epoca si vede un giovanissimo Collini munito di penna e notes. Cosa ricorda di quella tragedia? "Soprattutto l'espressione dei sei goriziani arrestati qualche giorno dopo e accusati di aver partecipato all'attentato. Ebbi subito la sensazione, a pelle, che erano estranei. Come le successive indagini accertarono". Nel dicembre del 1978 comincia la lunga stagione alla Rai. "Fui assunto nella sede di Udine. A Trieste arrivai nel 1979 con l'avvio della terza rete e i telegiornali regionali che conducevamo io, Calligaris e De Cleva". E se le dico “Cosmo”? "Il “Cosmo” è stato il maxi-schermo installato allo stadio Friuli di Udine per volontà dell'allora presidente Mazza. Collaborai con lui per due anni, dal 1984, come responsabile delle comunicazioni. Era l'Udinese di Zico, quella. Per la Rai ero inviato per le radiocronache del campionato di basket. Facevo la spola tra Cantù, Varese, Milano. Il massimo". Ed eccola cantore radiofonico del ciclismo. "Nel 1989 mi chiamano a sostituire Claudio Ferretti, non uno qualunque. Primo giro d'Italia con Enrico Ameri sulla radiomobile, Alfredo Provenzali in motocicletta. Non so se mi spiego. Io copro il traguardo. L'esordio è a una Tirreno-Adriatico; non azzecco un nome che sia uno nella volata che pare travolgermi. Poi mi sono preparato e raramente ho sbagliato un ciclista". Chi è stato il più grande secondo lei? "Gianni Bugno. Era elegantissimo sui pedali". Marco Pantani? "Il ciclismo italiano aveva bisogno di miti. I suoi scatti in salita sono stati uno spot formidabile. Purtroppo si è lasciato trasportare oltre i suoi limiti umani". E di Lance Armstrong che idea si è fatto? "Ricordo che lo vidi a una Roubaix a metà degli anni '90. Gli avevano appena diagnostica il tumore. Mi sembrò un cadavere che cammina. Qualche hanno dopo ha vinto sette Tour consecutivamente. Non c'è molto altro da aggiungere". Nel 1998 diventa responsabile dei radiocronisti della Rai e nel 1999 la chiamano a dirigere la sede Rai regionale. "Doveva essere un incarico a tempo limitato. Sono rimasto invece 13 anni chiudendo così la mia carriera". Con quale bilancio? "Da radiocronista ho seguito 11 Giri d'Italia, 9 Tour, 11 Mondiali di ciclismo, 8 Mondiali di sci e 5 Olimpiadi tra estive e invernali. Come direttore mi sono speso con molta attenzione affinché nell’informazione fossero rispettate e valorizzate tutte le anime di questa nostra complessa regione. Su questo punto sono a posto".
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