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venerdì 12 aprile 2013

Dietro al microfono: intervista a Giovanni Scaramuzzino

di Massimo Raibobo Verona
L'intervista di questa settimana è a una "Top voice" di Tutto il calcio. Stiamo parlando di Giovanni Scaramuzzino che ha così risposto alle nostre domande.


Esordio a Tutto il calcio.
Il 21 marzo del 2009 in Livorno-Ancona, un sabato pomeriggio dedicato alla Serie B.

Lei viene da "La giostra del gol". Esiste ancora? Che ricordo ha?
Sì, esiste ancora. Grande palestra per le nuove voci dei telecronisti oltre che indispensabile punto di contatto tra il nostro Paese e le comunità di lingua italiana sparse nel mondo..

Un suo ricordo di Alfredo Provenzali.
Stile, contenuto e sobrietà: un uomo fatto per la radio.

Noi siamo dei cacciatori di aneddoti. Avrebbe qualche storia particolare da raccontarci relativamente al suo ruolo di radiocronista?
Mi riallaccio alla prima risposta. Nel giorno del mio esordio a “Tutto il calcio minuto per minuto” mi reco a Livorno. In contemporanea, si sta disputando la Milano-Sanremo di ciclismo. All’ingresso, ai varchi, mostro l’accredito a un inserviente, il quale con tipica sagacia toscana mi fa notare: “Signor Scaramuzzino, mi sa che lei oggi ha preso sì la Via Aurelia, ma nella direzione sbagliata. Non dovrebbe essere a Sanremo?”. Grande spirito di osservazione e pronta battuta capace di mettermi veramente di buonumore stemperando così la naturale tensione del debutto.

Tra i nomi che hanno fatto la storia di Tic e non, a chi si è ispirato nel corso della sua crescita?
A suo tempo, da giovane ascoltatore di “Tutto il calcio”, direi Claudio Ferretti. Tra i colleghi con cui ho lavorato a inizio della mia carriera in Rai, ricordo sempre volentieri Enzo Romeo e Roberto Collini.

Domanda da 1 milione di dollari. Preferisce il calcio o il ciclismo?
Come ambiente, sicuramente il ciclismo: uno sport di persone e non di personaggi.

E' ancora legato alle due ruote, che sono state il suo esordio?
Moltissimo. Mi piace l’idea stessa del ciclismo che si disputa su percorsi bellissimi, specie quelli italiani, con un universo che si apre dietro a ogni curva. Le corse che preferisco sono il Lombardia, le Strade Bianche e, all’estero, il Giro delle Fiandre.

Il ciclismo è piegato dal problema del doping. Cosa si dovrebbe fare per resettare il tutto?
Resettare tutto, appunto. E’ comunque un discorso di cultura sportiva, prime che di lotta contro il doping. L’introduzione del passaporto biologico per ogni singolo atleta è stata comunque un’innovazione decisiva.

Altri sport che ha seguito?
Atletica leggera, pallacanestro, ginnastica, judo e varie arti marziali, tiro con l’arco, canoa, canottaggio, nuoto e pallanuoto.

Preferisce la diretta di Tutto il calcio o un'integrale? Perchè?
Il fascino di “Tutto il calcio” con le partite in contemporanea è impagabile e ti impegna di più mentalmente. E’ come disputare una serie continua di batterie sui cento metri. Fuochi d’artificio da vivere quasi in apnea. La diretta di novanta minuti invece è una prova più fisica, da fondisti: una sorta di maratona, specie se poi si prolunga arrivando ai supplementari o ai rigori.

Cambierebbe qualcosa nella struttura della trasmissione?
Mi piacerebbe che ci fossero più partite in contemporanea, ma questo purtroppo non dipende da noi.

Se le chiedessero il salto in TV?
Vengo da un’esperienza del genere, durata quasi quattordici anni, per cui direi che ho già dato.

Mi racconta perchè la storia del radiocronismo sportivo è così legato al Giro? Tutte le grandi voci lo hanno commentato?
Perché è una delle poche trasferte giornalistiche in cui conosci veramente a fondo il tuo Paese e lo vivi, lo respiri a 360 gradi: dalle bellezze naturali, ai punti di eccellenza, fino ai suoi problemi e a volte ai suoi drammi. In fondo, è l’unico avvenimento che porta direttamente lo sport sull’uscio di casa degli italiani. Perciò, non solo i radiocronisti, ma anche i grandi giornalisti e perfino gli scrittori in passato, almeno una volta, non si sono fatti scappare un’opportunità del genere.

Il calcio italiano è in crisi? Che futuro vede a livello di club e nazionali?
Il calcio rispecchia il momento del Paese. Le furbizie per sopravvivere, e non solo a livello di bilancio, non bastano più. Serve avere il coraggio di rischiare e di investire di più sui giovani oltre che ricreare un nuovo rapporto fiduciario con gli sportivi. Partendo dalla loro casa: gli stadi che in alcuni casi sono ormai impresentabili.

Domandone finale: che squadra tifa?
Nessun problema a rispondere. Chi ha avuto anche la pazienza di leggere qualche romanzo sportivo che ho scritto in passato, già sa che fin da piccolo la mia passione calcistica è sempre stata rivolta alla Reggina. Non credo ci sia nulla di male a ricordarlo: l’importante è dimenticarselo quando, facendo questo mestiere, le strade si incrociano, ma in fondo la cosa viene quasi naturale. Non è dunque un grosso sforzo. Cambiano, infatti, presupposti e prospettive. Cercare di far bene il proprio lavoro, significa anche questo. Se poi ci si riesce, non sta a noi dirlo, ma a chi ci ascolta.

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