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Il Palinsesto sportivo di Radio1Rai

MARTDI 16 APRILE 2024
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mercoledì 20 febbraio 2013

Un passo nella storia - Episodio 86

di Roberto Pelucchi

Il 1984 è anno olimpico: i Giochi si svolgono a Los Angeles e la radio è in linea 24 ore su 24. Per la prima volta apre i programmi in stereo già alle 6 del mattino. Gli avvenimenti olimpici sono seguiti dalle 23 alle 6 su Raistereonotte, dalle 6 alle 9 su Stereouno e Stereodue a reti unificate. Eppoi speciali su Radiouno e Radiodue e nel giornali radio. Guglielmo Moretti è il capo spedizione e coordina i radiocronisti Sandro Ciotti, Gianni De Cleva, Giacomo Crosa, Riccardo Cucchi, Everardo Dalla Noce, Dario D'Aria, Gustavo Delgado, Claudio Ferretti, Enzo Foglianese, Ettore Frangipane, Rino Icardi, Mirko Petternella, Alfredo Provenzali e Giacomo Santini. Per il Gr1 c'è Massimo De Luca, per il Gr2 Alberto Bicchielli, per le trasmissioni in sloveno Alessandro Rudolf, per quelle in lingua tedesca Hugo Seyr. Tra i telecronisti da segnalare alcune voci passate (Italo Gagliano e Mario Guerrini) e future (Doriana Laraia) della radio.

Il campionato di Serie A vede un testa a testa tra Juventus e Roma per la conquista dello scudetto. Il 13 aprile c'è lo scontro diretto all'Olimpico, con i bianconeri avanti di soli due punti. Domenica Sport e Tutto il calcio stravolgono le normali trasmissioni e propongono una super-radiocronaca della partita più importante: il commento è di Enrico Ameri, gli interventi dalla tribuna stampa di Sandro Ciotti e quelli dagli spogliatoi di Paolo Carbone. Dagli altri campi soltanto flash per reti e aggiornamenti.

Il 27 settembre 1984 muore il re dei radiocronisti, Nicolò Carosio. Su molti giornali, soprattutto locali, compare il ritratto scritto per l'Ansa da Marcello Cambi. Eccone uno stralcio.

Nicolò Carosio, morto a Milano a 77 anni, è stato la voce amica, la più familiare per milioni di italiani di più generazioni, quella che è stata udita più a lungo e volentieri nella nostra vita di sportivi, di radioascoltatori e di telespettatori. Trentanove anni di carriera davanti ai microfoni, commentatore di otto campionati del mondo, olimpiadi, coppe e campionati, circa 3.500 partite descritte, Carosio ha fatto da sottofondo alla storia stessa del calcio italiano ed ha trasformato questo sport in una sorta di suo spettacolo personale offerto ogni domenica a milioni di persone. Quando sentiva la voce di Carosio, quando sapeva che c'era "lui", la gente si apprestava ad assistere a due spettacoli, quello della partita e quello affascinante dell'amico telecronista, la sua tempesta di frasi, di sentimenti, sottintesi, grida, entusiasmi, improvvisi sconforti a seconda del risultato e della presenza in campo di giocatori in maglia azzurra. Il "tifoso" Carosio - qualifica che non si addice ad un commentatore sportivo - piaceva al pubblico, che era dalla sua parte e ne condivideva i giudizi, suggeriti dall'amore per la squadra italiana: se le cose andavano bene, egli era un "vulcano" di entusiasmo; in caso diverso, diveniva severo, ma incitava egli stesso i giocatori, come se avessero potuto sentirlo, esclamando, di fronte ad un errore o ad un ritardo nella manovra: "basta, ragazzi, ora non scherziamo". Certe frasi fanno parte del mito Carosio, sono "storiche", sono entrate nel gergo calcistico. E storico è il suo "quasi rete", che dice tutto con il minor numero di parole, sintesi ideale per la descrizione di una situazione complessa e sportivamente drammatica. E, poi, aveva espressioni che all'inizio potevano suscitare sorpresa in qualche purista della lingua, ma che a lungo andare convincevano tutti: "la palla 'viaggia' verso il centro campo", "si 'viaggia' verso la fine del primo tempo", "il libero 'contra' l'avversario", "pallone 'azionato' dalla difesa". Ma se questi erano motti di un linguaggio di cui Carosio stesso era come prigioniero ed avvincevano il pubblico, altre espressioni parevano appositamente inventate per interrompere una emozione troppo prolungata, o per ravvivare un periodo di gioco poco interessante, il tutto in un recital perfetto nato con le prime radiocronache e proseguito, domenica su domenica, con la televisione. Cominciava già con un annuncio che era un invito allettante: per esempio: "Qui wembley, è Nicolò carosio che vi parla e vi saluta" e si entrava subito nel clima creato da "lui". Poi partiva con le sue descrizioni e le sue riflessioni, si agitava e si eccitava, passava dall'euforia all'avvilimento, e diceva cose, immagini, perfino brani di poesia ("e ora usciamo a riveder le stelle"), ed espressioni colorite come queste: "la palla esce a lato e fa giustizia sommaria di un povero fotografo", "bella azione, onore al merito", "potete sentire l'alto e possente grido: Italia, Italia", "Facchetti... bello... guardate la sua falcata", e perfino, alla fine di una partita vittoriosa degli azzurri, "e ora si può andare contenti a berci un wyscaccio". E' un frasario che fa ricordare con piacere il Carosio ironico, sentimentale, umanissimo. Ma alla base di tutto aveva un professionismo che ha fatto scuola, una grande passione e un grande scrupolo sul lavoro: come un allenatore, studiava il terreno prima degli incontri, parlava con i giocatori, li guardava in viso ed era amico di tutti; improvvisava il suo spettacolo, ma era preparato su tutto il resto. Per questo la gente si divertiva con Carosio, ma soprattutto gli credeva. La sua dote personalissima inimitabile era l'abilità di seguire la partita con gli occhi e con la mente di milioni di persone, di interpretarne i dubbi e gli interrogativi, di riuscire a fare del pubblico un prigioniero soddisfatto e avvinto di quella voce senza età e di quel linguaggio, a metà fra la fantasia più sfrenata, l'invenzione, e la cronaca più stretta e più vera.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

hai dimenticato di scrivere che quella di losa angeles fu l' ultima olimpiade seguita da Guglielmo Moretti
ALE

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