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ore 14:30 Pop Sport
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ore 20:30 Zona Cesarini (solo su Radio1Sport)



mercoledì 5 dicembre 2012

Un passo nella storia - Episodio 81

di Roberto Pelucchi

Il 1978 è l'anno del Mondiale in Argentina. Nonostante il fuso orario, che costringe a un super lavoro soprattutto i quotidiani, la radio manda 14 inviati a seguire la manifestazione: Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi, Sandro Ciotti, Gilberto Evangelisti, Sergio Giubilo, Dario D'Aria, Rino Icardi, Alfredo Provenzali, Alberto Bicchielli, Massimo De Luca, Ezio Luzzi, Piero Pasini, Claudio Ferretti ed Enrico Ameri. Come al solito, non soltanto le dirette delle partite, ma anche speciali e commenti all'interno del Gr1, del Gr2 e del Gr3. Anche in quell'anno il piatto forte c'è la domenica: Roberto Bortoluzzi da Milano è sempre al timone di Tutto il calcio minuto per minuto, Mario Giobbe da Roma conduce Anteprima sport alle 12 e Domenica Sport. Su Radio 1 Carta Bianca è condotta da Pippo Baudo e Massimo De Luca. L'anno successivo ad affiancare De Luca c'è Nicola Pietrangeli, che dopo la fine delle partite conduce con Gianni Rivera anche Stadio Quiz, un gioco a premi legato al campionato di calcio. Il 24 ottobre 1979 è una giornata di coppe: su Radio 1 dalle 15.07 alle 15.45 circa radiocronaca dei secondi tempi di Beroe-Juventus di Coppa delle Coppe (commento di Sandro Ciotti) e Aris-Perugia di Coppa Uefa (Ezio Luzzi). Dalle 20.05 alle 21.50 l'intera radiocronaca di Borussia-Inter (Enrico Ameri) e Standard Liegi-Napoli (Enzo Foglianese). Aggiornamenti degli altri risultati da Massimo De Luca dallo studio del Gr1. Il 25 maggio e l'1 giugno alle 18.05 su Radio 1 va in onda la trasmissione sul ciclismo I diavoli rossi, a cura di Claudio Ferretti e Adriano Mazzoletti. Gli Europei di basket in giugno sono seguiti da Giacomo Crosa e Rino Icardi, mentre i Mondiali di ciclismo in agosto da Claudio Ferretti e Giacomo Santini.

L'8 ottobre 1979 il giornalista e scrittore Giovanni Arpino scrive sulla Stampa un lungo articolo sul pomeriggio sportivo domenicale. Ecco un estratto.

Le voci della domenica farebbero andare nel pallone - è proprio il caso di dirlo - anche Giovanna d'Arco, ben nota ascoltatrice di messaggi vaganti nell'etere. E' un'orgia di sillabe insalivate, si sente lo sforzo polmonare, un esercito di cronisti ufficiali o liberi, e di spontaneisti che si intromettono riempiono i cieli d'Italia da Udine a Palermo. E' la domenica dello sport: tutto si ferma per questo rito, da una parte (scarsa) giocato e da milioni divorato negli stadi, negli ippodromi, davanti alla televisione, con le radioline all'orecchio. Comincia subito dopo il desinare, per via della Davis a Roma, dove al Foro Italico i tennisti azzurri battono i cecoslovacchi, tra urla becere del pubblico, insidie di vespe, ineffabili apprezzamenti di Guido Oddo (anche per una povera lucertola azzardatasi sul campo) e nessun rispetto umano verso un ragazzino diciannovenne, il buon Lendl, che naturalmente è visto (e commentato) da chicchessia come un barbaro da buttar nel Colosseo. Poi si avvia il calcio, incalza il rugby, prorompe l'ippica. A Roma c'è il derby di trotto, a Parigi nientemeno che il celebre Arc de Triomphe con tanto di presidente Giscard in tribuna e cappelli fioriti per le signore. Tra tutto questo, un riflusso: la Diretta sport del secondo canale, non paga della scorpacciata d'attualità, impone pure commenti e immagini di un Milan-Juve o un Lazio-Perugia dell'anno scorso. La smania del revival contagia persino le pedate. A quando il calcione del 1902? Via, allora, tra grugniti, interruzioni, scambi di toni, ruggiti, ansiti e con un certo vocione anonimo che (sono le 15,15) invoca uno sconosciuto «Mario». Chi sarebbe? Interrotti, neppure gli stakanovisti del microfono riescono a spiegarselo. Poi l'anonimo trova, molto probabilmente, quel suo amico Mario, e si continua, in un bailamme felice e tossicoloso. Ha già segnato il Milan, ha già messo dentro una doppietta il Napoli, ma i draghi della parola sportiva, cioè Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, si tengono ancora ai margini: strariperanno, con l'abilità indiscussa che gli riconosciamo da mezzo secolo, dopo il primo tempo. Per ora si vive di lacerti brevissimi, di sovrapposizioni concitate. (...) E si giunge ai fatali calci del "minuto per minuto", quando anche la suocera più chiacchierona viene incerottata, in casa, perché non disturbi i draghi, Ameri a Milano, Ciotti a Bologna. La ragnatela è tesa, coinvolge uomini di A e uomini di B, voci che espettorano giudizi e inseguono polpacci aggressivi sull'erba. Trasuda anche un po' di tifo sotto pelle, specie dai corrispondenti - come dire? - provinciali. C'è uno che soffre a Lecce e un friulano che non digerisce la provvisoria vittoria del Cagliari ad Udine. L'Italia spasima. Condotto con sussiego da Alberto Giubilo il cavallo Gentile vince il derby del trotto (sono le 16,30) a Roma, subito dopo la testa con capelli riportati di Giscard, presidente francese, annuisce alla vittoria di un galoppatore nell'Arc parigino. Ma via le groppe, torniamo alla radio: Giordano ha pareggiato i conti con Paolo Rossi all'Olimpico, Bettega non viene mai nominato a San Siro, Ameri parla freddamente di Furino e Novellino avvinghiati a terra: ma è freddezza indispensabile e severa per i due citati giocatori che si scalciano a tutto andare. E' un rush tumultuoso, tra immagini che cominciano ad arrivare dagli stadi (a partire dalle 15,55) e frasari che cercano di sintetizzare gioco e calcioni. I minuti si mangiano l'uno con l'altro, le interruzioni («scusa Sandro», «scusa Enrico») cadono come colpi di mannaia. L'orecchio è diventato ormai un labirinto di echi, di follie sonore, tiri che lambiscono i pali e ruzzoloni fanno alzare il timbro delle voci professionali, qualche corda vocale sfodera ruggini, il gran coordinatore assume dallo studio centrale tutte le redini, calza l'elmetto e distribuisce ordini perentori: a te un secondo, a te un flash, a voi due aggiornamenti, a te niente, a un altra - forse - tre caramelle. Si è entrati nella strettoia conclusiva, il sogno di diventar improvvisamente sordi va seducendoci. A Sandro Ciotti (la partita di Bologna è cominciata con sei minuti di ritardo) spetterebbe l'ultima parola, ma ogni due sillabe è brutalmente spazzato via da colleghi interferenti con il loro ormai straconosciuto risultato finale. Termina in una pioggia di cifre, di commenti velocissimi, di ponderazioni che durano un microsecondo, di giudizi ed interviste strappati a volti e personaggi ora conosciutissimi ora nemmeno parenti del solito Cameade. Finisce? Macché. Mancano ancora le confessioni, le bugie, gli alibi e i rimbrotti negli spogliatoi. Mancano le successive visioni a torrenti dai due canali. Manca la Domenica sportiva, che si sta soavemente organizzando per mandare- in onda quello che tutti ormai sanno da ore. E' la grande domenica. (...) Oggi il povero Proust dovrebbe commentare un Gran Premio di Monza, o l'urlo milanese perché l'Inter torna in testa alla classifica, sola e gaudente. Che gioia girare all'icontrario la manopola, che soddisfazione premere quel pulsante. La radio torna un aggettino inutile, il video una lastra nera. Un'altra domenica è finita. L'orgia - più meditata, più Ironica, più patetica e da centellinare - passa alle pagine sportive, dove non si possono sbagliare i congiuntivi ed i passati remoti. Cala il crepuscolo, gli stadi sono deserti, i cavalli riposano nei loro «box». Ci vorrebbe un film muto, stasera, con o senza Chaplin. E' lui l'unica medicina.

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