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mercoledì 12 gennaio 2011

Un passo nella storia - Episodio 42

di Roberto Pelucchi
Radio-telecronisti e tifo. E' su questo argomento che puntiamo la nostra attenzione in questa puntata della rubrica. Il giornalista sportivo dovrebbe essere imparziale, ma sappiamo tutti che non può essere immune dal tifo. Questo non vuol dire che non sia obiettivo. Francesco Repice, il radiocronista che va per la maggiore di questi tempi, ha più volte ammesso di tifare per la Roma, ma questo non gli impedisce di raccontare le partite così come vanno raccontate. Il 14 novembre 1976, al Corriere sportivo, Nando Martellini rivelò il tifo dei giornalisti sportivi della Rai dell'epoca. Juventus: Guglielmo Moretti, Gianfranco de Laurentiis, Beppe Barletti, Gino Rancati. Milan: Adriano De Zan, Adone Carapezzi, Beppe Viola, Cesare Castellotti. Inter: Carlo Sassi, Guido Oddo. Lazio: Sandro Ciotti, Sandro Petrucci, Giampiero Galeazzi, Claudio Ferretti, Ezio Luzzi, Alberto Bicchielli. Roma: Giorgio Martino, Lino Ceccarelli, Gilberto Evangelisti. Napoli: Maurizio Barendson, Roberto Bortoluzzi, Remo Pascucci. Genoa: Enrico Ameri, Andrea Boscione. Sampdoria: Alfredo Provenzali. Fiorentina: Paolo Valenti, Marcello Giannini. Cagliari: Mario Guerrini, Giuseppe Fiori, Tito Stagno. Catania: Nuccio Puleo. Rimini: Sergio Zavoli. Catanzaro: Emanuele Giacoia. Bari: Giuseppe Giacovazzo. Lecce: Nino Greco. Avellino: Aurelio Addonizio. Paolo Arcella tifava indifferentemente per le squadre venete che seguiva, Piero Pasini aveva il cuore diviso tra Bologna e Cesena. Se non ricordo male, in una puntata di Domenica Sport degli anni Ottanta, Paolo Carbone fece più volte esplicitamente riferimento al tifo di Mario Giobbe, di fede giallorossa, se non sbaglio, dicendo più o meno “Giobbe, adesso sarai contento”, e il conduttore lo invitò pubblicamente a smetterla. Insomma, il tifo c'è, ma va domato. Vi propongo l'intervista che nell'aprile 2004 la rivista dell'Inter, a firma Sara Bovo, fece a Bruno Gentili, allora seconda voce di Tutto il calcio e della Nazionale, appunto di fede interista.

Bruno Gentili è una delle voci più note di Radio Rai. Sono sue molte delle radiocronache delle partite dell'Inter e suoi gli approfondimenti sulle vicende calcistiche della settimana. Romano, cinquant'anni, Gentili ha iniziato a lavorare alla redazione del giornale radio Rai negli anni Ottanta insieme a Claudio Ferretti, Massimo De Luca e Sandro Ciotti. Dalla sua anche un'esperienza nella carta stampata, a Tuttosport, e all'agenzia di stampa Quotidiani Associati. Oggi è il responsabile della redazione radiocronaca del giornale radio Rai, si occupa dei posticipi e degli anticipi più importanti e del secondo campo di maggior valore quando non ci sono posticipi di rilievo. Insieme a lui c'è una dozzina di giornalisti per coprire tutti i campi e, se necessario, i colleghi delle sedi regionali.
Come mai hai deciso di occuparti proprio di calcio?
Perché il calcio l'ho giocato e lo gioco ancora adesso. Sono arrivato in Serie D con la Romulea, un'importante società di Roma che ha dato diversi giocatori al campionato italiano. A 19 anni mi sono fatto male, ho smesso per una stagione e a quel punto è finita la mia carriera. Oggi mi diverto a fare i tornei e a giocare per passione.
Qual è il tuo ruolo?
Mezz'ala sinistra perché sono mancino, un po' alla Baggio... Un ruolo che nell'Inter in questo momento manca.
Bruno, sei interista?
Non ho problemi a rivelare qual è la mia squadra del cuore: l'Inter appunto. Tutti i giornalisti sono anche tifosi, altrimenti non potrebbero fare questo lavoro con la necessaria partecipazione. L'importante è conservare lo spirito giusto, rimuovere gli affetti in sede di commento e analisi.
Qual è il segreto per farlo?
Il mio rapporto con l'Inter è sicuramente molto tormentato e travagliato e allo stesso tempo esaltante perché nessuna squadra trasmette le emozioni come l'Inter, è un po' tutto e il contrario di tutto, è pazza come cantano Zanetti, Cannavaro e Recoba. Ci sono momenti di gioia che in un attimo si trasformano in abbattimento o addirittura in depressione, ma il compito di noi radiocronisti è anche quello di mascherare la fede calcistica. Devi stare attento a non esagerare con il tono della voce quando la tua squadra segna, a non urlare il gol, a non essere concitato quando attacca e nemmeno a sgonfiare il tono quando subisce. E' un lavoro abbastanza difficile, ma ci riusciamo tutti, perché la professionalità, l'obiettività e un certo distacco sono qualità primarie del nostro lavoro. Al tifo bisogna sempre anteporre l'imparzialità, però devo confessare che alcune volte ho fatto una gran fatica, lo sanno bene le mie coronarie...
Le partite in cui le tue coronarie hanno sofferto di più?
Purtroppo il ricordo è recente: Lazio-Inter, 5 maggio 2002. Facevo gli interventi da bordocampo, vicino alla panchina, sentivo i commenti di Cuper, vedevo a due metri le lacrime di Ronaldo, era una situazione irreale in quello stadio dipinto di bianco-celeste. Ho vissuto un incubo che mi ha segnato molto.
Come si svolge il lavoro di un radiocronista?
Il nostro lavoro non si limita alle radiocronache: siamo soprattutto inviati quando analizziamo i fatti più importanti della giornata e della settimana. La radiocronaca, però, rimane il momento di maggiore esaltazione. Prepariamo i servizi per 14 edizioni al giorno soltanto per quanto riguarda il Gr1, poi siamo disponibili anche per il Gr2 e 3. Di solito un inviato copre almeno sei edizioni.
Vivendo a Roma, com'è il tuo rapporto con l'Inter?
Un po' lontano, però ogni giorno cerco di tenermi aggiornato: sento spesso Facchetti, che conosco molto bene, Paolo Viganò, con cui ho diviso tanti anni di lavoro sui campi di calcio, e sono in contatto con molti colleghi interisti della carta stampata. A livello di notizie non mi faccio mancare nulla, però mi manca il contatto diretto con la Pinetina e con i giocatori. Infatti della rosa attuale non conosco personalmente molti calciatori. Ho un buon rapporto con Cannavaro, Toldo e Vieri, che per me è un ragazzo formidabile. Mi è sempre piaciuto il suo anticonformismo, il suo andare controcorrente, è un tipo che non scende a compromessi e questa posizione l'ho sempre apprezzata.
Hai citato tre giocatori della Nazionale, seguirai anche gli Europei in Portogallo?
Come no. Seguo la Nazionale da 22 anni e sono il giornalista più anziano in quanto a presenze al seguito dell'Italia. Dal 1982 a oggi non ho mai saltato una partita.
Come vedi gli azzurri dell'Inter?
In prospettiva Europei senz'altro bene perché sono dei grandi professionisti e al momento giusto sapranno ritrovare la concentrazione e l'attenzione, so che si stanno preparando con grande scrupolo per questo appuntamento. Io sono molto ottimista, i giocatori dell'Inter non falliranno anche perché Cannavaro e Vieri sono cardini indispensabili e Toldo si riscatterà quando fiuterà l'aria internazionale.
Qual è la partita dell'Inter che ricordi con più gioia?
La conquista della Coppa Uefa a Parigi contro la Lazio. Una partita in cui i ragazzi erano tutti uniti, in cui ho visto che esisteva il gruppo. Mi è piaciuto lo spirito. E poi è capitato un episodio significativo: prima della partita avevo vicino a me Chinaglia, che è tifoso laziale e grande ex della Lazio, e mi ha detto “Stai tranquillo perché oggi stravincete, ho visto i giocatori entrare con gli occhi di tigre”. Ha avuto ragione.
A quale Inter ti senti più legato?
A quella di Bergomi, Ferri e Zenga perché quello era un gruppo dentro e fuori lo stadio. L'intesa era cementata anche dall'amicizia. Rispetto all'Inter attuale era una squadra felice, gioiosa, ottimista, con il sorriso sulle labbra. Mi dispiace quando oggi vedo troppi musi lunghi perché penso che con un presidente come Moratti i giocatori dovrebbero farsi in quattro per ripagarlo. Se fossi io un calciatore nerazzurro rinuncerei anche a qualche giorno di vacanza perché lui è un uomo straordinario che ha fatto per la sua squadra quello che nessun altro presidente avrebbe mai fatto.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

certo che Carbone in diretta provocò più di un grattacapo...

Claudio

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