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mercoledì 13 gennaio 2010

Dietro al microfono - Livio Forma

Finalmente, può prendere il via anche questa nuova rubrica. “Dietro il microfono” punta a far conoscere meglio i radiocronisti del presente e del passato. Probabilmente non riuscirà a soddisfare tutte le curiosità dei nostri lettori, ma qualcuna sì. Mira anche a tenere un filo diretto tra chi Tutto il calcio lo fa e chi Tutto il calcio lo ascolta e lo ama. Il primo intervistato è Livio Forma, una voce storica, ma anche una voce di oggi, perché Livio non ha lasciato il microfono neppure dopo essere andato in pensione. Va ancora pazzo per il mestiere, anche se dice spesso che “questo non è più il mio calcio”. E, da giornalista, lo capisco. Oggi per intervistare un allenatore o un calciatore bisogna staccare un biglietto e mettersi in fila, e se poi fai una domanda poco gradita, ti devi prendere anche i rimbrotti di un addetto stampa che, spesso, di stampa non sa proprio nulla… “Pensa che negli anni Ottanta intervistavo Platini e Boniek direttamente negli spogliatoi”, mi diceva l’altro giorno Livio, mentre in treno risaliva da Roma, dove aveva assistito alla conferenza stampa sui 50 anni di Tutto il calcio, per andare a Trieste e poi a Udine. Livio Forma è di Aosta e alle proprie radici tiene moltissimo. Qualche settimana fa, nella sala stampa dello stadio di Bergamo, prima di AlbinoLeffe-Empoli, Gianni Cerqueti ricordava divertito di come Livio, quando commenta partite del Sassuolo, non parla di Fusani “ma sempre dell’aostano Fusani”. E Forma confermava con orgoglio: “Ne abbiamo soltanto tre di calciatori, è giusto che lo sottolinei”. Per amore della radio, di Tutto il calcio, ogni fine settimana Livio parte da Aosta, sale sul treno, e va… Anche fino a Siena o a Trieste, che non sono proprio sull’uscio di casa. Con la stessa passione dei primi giorni. Ecco, ognuno ha i propri gusti, il proprio radiocronista preferito, ma è da professionisti come questi che i giovani giornalisti – io per primo, visto che potrei essere suo figlio – dovrebbero imparare. Da Livio Forma cominciamo, dunque, questa nostra rubrica, avvertendo i colleghi che hanno accettato di farsi intervistare che piano piano verranno contattati, per mail o per telefono. Non mi sono dimenticato di loro.

Livio, da un paio d’anni sei in pensione eppure continui a fare radiocronache. Che cosa ti tiene così legato a Tutto il calcio minuto per minuto?
“La passione per aver realizzato, per caso, un desiderio che avevo da bambino. Mi piace trasmettere emozioni soprattutto ai non vedenti, che mi telefonano spesso”.

Qual è stato il percorso professionale che ti ha portato a lavorare per Radiorai? Io ricordo anche qualche servizio per la Domenica Sportiva nei primi anni Ottanta…
“Sono stato assunto in Rai, alla sede regionale di Aosta, dove abito. Poi sono passato al Gr2 dove ho avuto occasione di farmi conoscere e di entrare a far parte – nel febbraio del 1982 – del team di Tutto il calcio minuto per minuto. In precedenza, ho collaborato anche per sei mesi alla Domenica Sportiva televisiva grazie a Tito Stagno, l’uomo della Luna”.

Ci racconti il tuo esordio a Tutto il calcio?
“E’ avvenuto il 7 febbraio 1982. La partita, di serie B, era Cremonese-Varese. Finì 0-0 in una giornata nebbiosa. Il d.s. del Varese era Beppe Marotta, l’attuale a.d. della Sampdoria”.

Perché questa trasmissione, dopo 50 anni, ha ancora così tanto successo?
“Perché trasmette emozioni e lascia libero spazio alla fantasia di chi l’ascolta”.

Chi è il radiocronista a cui sei stato più legato e perché?
“Senza dubbio Enrico Ameri, mio "collega al Gr2". Ero un suo pupillo, anche se tutte le volte che in un’intervista gli chiedevano chi ritenesse essere il suo erede, non mi citava mai. "Bisogna fare i nomi, mi disse una volta, di quelli graditi ai capi". Insomma, quelli viscidi, per capirci. E io, fortunatamente, non lo ero”.

Tu sei stato per tanti anni al Gr2: che ricordi hai di quel periodo?
“Ricordi bellissimi. E’ stata una grande scuola, con un grande caporedattore, Alberto Bicchielli, che mi ha lanciato nel calcio”.

Chi sono i giovani radiocronisti che incarnano meglio lo spirito della trasmissione?
“Non faccio nomi per non scontentare qualcuno. Comunque, sono tutti bravi e preparati”.

Bortoluzzi, De Luca, poi Provenzali dallo studio centrale: ce li descrivi?
“Bortoluzzi era un gentiluomo d’altri tempi, De Luca un professionista ineccepibile. Provenzali, l’ultimo dei mohicani. Da conduttore, le sue presentazioni dopo la sigla di Tutto il calcio sono inarrivabili”.

Quali sono le doti che deve avere un buon radiocronista?
“Prima di tutto la sintesi. Da evitare le statistiche e soprattutto le urla fuori di senno in occasione di un gol”.

Per che squadra tifi?
“Da ragazzino per il Grande Torino, poi sono passato alla Juve. Entrato nel giro del calcio, per nessuno”.

Ci racconti qualche aneddoto legato a “Tutto il calcio” che ti riguarda?
“Sono migliaia, ma racconto l’unica volta che sono arrivato in ritardo ad una partita. Ero a Udine e dovevo trasferirmi a Parma, il giorno successivo, per Parma-Bologna. Sono partito la domenica mattina alle 10, il derby era serale. Arrivato in treno a Ferrara, la linea si è interrotta per tre ore gettandomi nel panico. A Bologna ho preso al volo il treno per Parma. Poi un taxi mi ha portato al Tardini. Sono arrivato all’8’ del primo tempo. Al microfono mi ha sostituito il collega Pierpaolo Cattozzi”.

Hai mai commesso qualche errore grave durante una diretta?
“A San Siro si giocava Inter-Avellino. I nerazzurri conducevano per 2-0 quando al 90’ Ramon Diaz mise il pallone in rete per l’Avellino. L’arbitro fischiò la fine e non fece riprendere la partita da centrocampo. Ignaro del regolamento, pensai che il gol fosse stato annullato. Rientrato in albergo, vidi il risultato in 90° minuto: Inter-Avellino 2-1, e mi sentii gelare”.

Nella tua carriera ti sei occupato soltanto di calcio o anche di qualche altro sport?
“Ho cominciato con la Coppa del mondo di sci, poi atletica leggera, ciclismo e basket”.

La radiocronaca più bella che pensi di aver fatto o quella più emozionante?
“Stranamente non è stata di calcio, ma di sci di fondo. L’arrivo alle Olimpiadi di Lillehammer 1994 della staffetta maschile 4x10 chilometri. Davanti a 120 mila norvegesi Silvio Fauner battè in volata Daehlie, l’idolo di casa, e conquistò l’oro. Fantastico”.
Preferisci il ritmo della trasmissione domenicale o il racconto integrale di una partita?
“Meglio Tutto il calcio. Più emozionante ed impegnativo”.

Che cosa non deve mai fare un radiocronista?
“Urlare come un ossesso come purtroppo fa qualcuno a Sky”.

Quali grandi eventi hai seguito per la radio?
“Quattro Olimpiadi invernali. quattro estive, dieci Europei di calcio dell’under 21 (cinque vinti), quattro Mondiali di calcio e tre Europei”.

Come ti prepari a una radiocronaca?
“Leggendo molto e guardando le partite in tv (soprattutto Sky)”.

C’è una partita o un evento che avresti voluto raccontare?
“No”.

Come è il Livio Forma che non conosciamo? Sei sposato, hai figli, hobby particolari?
“Sono nonno. Ho due nipoti: Davide di 15 anni e Daniele di 10. L’unico hobby sono le radiocronache, che sognavo di fare da ragazzo e che pertanto per me non sono state mai un lavoro”.

Roberto Pelucchi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E ricordiamo che sempre negli anni 80 Livio Forma ha collaborato anche a "Domenica Sprint" di Rai Due.


alessandro

Marco D'Alessandro ha detto...

Grandissima intervista, grazie Pelu. Livio Forma è stato il mio radiocronista preferito per tanti anni, prima che andasse in pensione. Un racconto sempre preciso, terminologia fissa ("imposta un tema offensivo" ecc.), voce particolare che ti rimane nel cuore. Mi manca molto nelle partite di cartello e nelle indimenticabili notti di Coppe Europee. Grande Livio!

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