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mercoledì 9 dicembre 2009

Un passo nella storia - Episodio 5

Questa settimana vi offro un articolo divertente che parla della storica rivalità tra Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Venne pubblicato il 29 aprile 1975 sul Corriere d’Informazione a firma Elio Domeniconi. Nel pezzo si racconta di quando Ameri, in diretta, diede del “coglione” a Ciotti che lo aveva interrotto per segnalare un gol da Napoli. Alla morte di Ameri, avvenuta il 7 aprile 2004, Alfredo Provenzali ricordò quell’episodio al contrario, ossia sarebbe stato Ciotti a dare del “rompicoglioni” ad Ameri. Un po’ come il mistero sul passaggio della borraccia da Coppi a Bartali, o viceversa: “Ero in trasmissione quel giorno – raccontò Provenzali al Corriere dello Sport-Stadio –. Credo che ci siano rimasti male entrambi. Ciotti voleva intervenire continuamente, Ameri non sopportava di essere interrotto, e Ciotti intervenne con la famosa frase…”. Per capire come sia andata realmente, dovremo andare a riascoltare la registrazione custodita nella nastroteca Rai. Sempre il Corriere dello Sport-Stadio ospitò, il giorno dopo la morte di Ameri, un bellissimo ricordo di Giulio Delfino, che potete rileggere sotto il pezzo di Domeniconi.

Gli ascoltatori di “Tutto il calcio minuto per minuto”, tra un gol e l’altro, hanno udito domenica pure una parolaccia. Il Pierino della situazione è stato il radiocronista-leader Enrico Ameri che trasmetteva Juventus-Lazio, la partita-scudetto. Ameri ha spiegato che la parolaccia era rivolta a un tifoso che tentava di entrare nella sua cabina. Un portavoce della Rai ha dato la colpa al tecnico addetto al collegamento da Torino, che non avrebbe provveduto a chiudere il cosiddetto dosatore, quando è intervenuto Ciotti da Napoli per annunciare che Clerici aveva segnato. Nella tribuna stampa di Torino abbiamo avuto l’impressione che la parolaccia fosse diretta a Ciotti, e nessuno in realtà ha notato il misterioso spettatore che voleva infiltrarsi nella cabina di Ameri. Al Comunale di Torino la cabina Rai è ben protetta e nessuno può disturbare i radiocronisti.
Per comprendere la parolaccia occorre risalire alla rivalità che divide i due popolari radiocronisti. Ciotti ha tre anni meno di Ameri, sa che in Rai l’anzianità fa grado, e accetta in silenzio di restare il numero due. “In Rai non faccio solo il calcio – ci ha detto Ciotti – mi dedico anche a trasmissioni di cinema e di musica leggera. Le mie soddisfazioni le ho lì”. Certo, siccome ama il quieto vivere, Ciotti vorrebbe che Ameri lo lasciasse in pace. Invece Ameri teme di essere scavalcato perché parecchi critici sostengono che Ciotti è più bravo di lui, e allora ha esasperato questa rivalità: “Ameri – ci ha confidato Ciotti nella sua casa romana che si affaccia sul Tevere – si comporta con me come si è comportato a suo tempo con Carosio e Martellini. Vede rivali dappertutto”. Posso parlare con cognizione di causa perché dalla guerra fredda i due sono passati alla rottura completa proprio per colpa del sottoscritto. Cenando al “Due Mondi” di Torino prima di Torino-Juventus, Ameri disse convinto “Io sono per la “mafia” dei giornalisti”. Ossia secondo lui un giornalista dovrebbe sempre difendere un altro giornalista, Chi scrive, invece, sostiene che i giornalisti della Rai-Tv non sono giornalisti qualunque perché lavorano per un ente di Stato che appartiene a tutti. Se un giornalista della carta stampata scrive sciocchezze, il lettore evita di comprare quel giornale e il rapporto finisce lì. La Rai agisce in regime di monopolio, e l’utente, dopo aver pagato il canone, può solo subire. Ma per questo qualsiasi utente, purché in regola con l’abbonamento, ha il diritto di contestare. Perciò ritenni di dover censurare Ameri, che trasmettendo il Milan diceva Golin invece di Gorin, anche se Golin da anni è stato ceduto al Foggia.
Si arriva a Italia-Jugoslavia. E Ciotti mi chiama a commentare la partita alla radio. Al rientro a Roma Ameri gli fa notare: “Tu devi selezionare i giornalisti. Il “Guerin Sportivo” mi ha attaccato, perciò non dovevi chiamare Domeniconi”. Passano un paio di mesi, c’è Olanda-Italia a Rotterdam. Nell’intervallo, Ciotti mi invita di nuovo al microfono. Appena sente che sono pronto a commentare la partita, Ameri stacca il collegamento con la tribuna stampa con la scusa che doveva dare la linea a Beppe Viola dagli spogliatoi. Ma negli spogliatoi non c’era ancora nessuno. Ciotti mi strizzò l’occhio per farmi capire che Ameri non aveva tollerato lo sgarbo. Torno al mio giornale e scrivo tutto. Ameri ha l’impressione (sbagliata) che sia stato Ciotti a darmi l’imbeccata. Gli toglie il saluto, e minaccia sfracelli. Ciotti si limita a rispondergli che se avesse voluto fargli dispetto avrebbe fatto notare ai radioascoltatori che aveva attribuito tutti e tre i gol a Cruyff mentre nel primo Cruyff aveva fatto solo il passaggio. Il redattore capo Guglielmo Moretti li convoca nella stanza dei bottoni e ammonisce severo: “Da oggi cercate di ignorarvi!”.
Nessuna ripicca sino all’undicesima di ritorno, il 13 aprile scorso. Ameri al giovedì decide di andare a fare Vicenza-Ascoli, spareggio della salvezza. Poi cambia idea e, forse attratto dalla vernaccia, opta per Cagliari-Juventus. Lo studio centrale non è aggiornato e passa subito la linea a Vicenza. Quando la riceve Ameri, fa notare che il campo principale è Cagliari. E dopo aver parlato, la ripassa a Vicenza per indicare a Ciotti la sudditanza. Ciotti non reagisce. Si limita a rilevare che Ameri non gli firma mai il servizio. Cioè evita di dire: passo la linea a Ciotti. Dice invece, sempre: passo la linea a Vicenza, a Bologna, a Napoli…
E siamo all’epilogo (per ora): domenica Ameri sta raccontando Lazio-Juventus. Interviene o si infiltra Ciotti da Napoli, e quando Ameri crede che il collegamento con Torino sia chiuso non può trattenere la parolaccia. Ma il “coglione” rompiscatole non era l’anonimo spettatore di Torino, era Sandro Ciotti, Ormai la rivalità Ameri-Ciotti ricorda quella tra Coppie Bartali o quella tra Rivera e Mazzola, E così i divi del microfono offrono agli ascoltatori anche qualche fuoriprogramma.
Elio Domeniconi

Giulio Delfino ricorda Ameri
Come uno scherzo del destino, ho esordito in “Tutto il calcio” l’anno in cui Ameri andò in pensione. Ho però avuto la fortuna di stargli accanto durante le ultime radiocronache, allo stadio Olimpico. Perché Ameri, dopo oltre 1600 fatiche, cominciava ad essere stanco, e non se la sentiva più di scendere negli spogliatoi per le interviste. Durante la partita gli suggerivo quelle poche cose che gli sfuggivano. Alle sue domande improvvise tremavo: “Chi ha ammonito? Chi è uscito?”. Se avessi sbagliato sarei sprofondato. Ogni volta che il responsabile del pool sportivo, Mario Giobbe, il lunedì mi diceva che alla domenica avrei “dato una mano” ad Ameri, non chiudevo occhio per tutta la settimana. Arrivavo alla domenica come uno sposo nel giorno del suo matrimonio. Il suo stile, durante la radiocronaca, era inconfondibile, gomito destro appoggiato sul tavolo con il microfono stretto nella mano. Con l’altra, quella sinistra, accompagnava il suo ritmo, infernale. Un piacere sentirlo e al tempo stesso osservarlo, ammirarlo. Era il calcio vero, quello in cui i terzini avevano il 2 e il 3 e il centravanti il 9. L’arbitro vestiva solo di nero, le notizie arrivavano solo dalla radio e i gol, se non eri andato allo stadio, li vedevi al tramonto con Paolo Valenti, a Novantesimo minuto. Che emozioni. Un giorno, nel ’93, ricapito all’Olimpico, per sedermi al fianco di un altro grande, Sandro Ciotti. Venivo dal bar. Il secondo tempo era ripreso da poco. Salendo le scale, con lo sguardo ritrovo Ameri. Era tutto solo. Indeciso se portare prima il caffè a Ciotti o salutare il vecchio maestro che non vedevo da due anni, mi accorgo che lui parla e gesticola. Al suo fianco però non c’è nessuno. Incredulo salgo ancora un po’ per capire meglio. Man mano che mi avvicino sento la sua voce, la stessa di sempre. Ameri stava facendo la radiocronaca della partita, con un particolare: non era collegato con alcuna radio o con alcuna televisione. Raccontava la partita non più per milioni di appassionati, ma solo per se stesso. Era la sua vita. Ora è la mia. Addio maestro. Se ti capita, salutami Sandro. Ma non litigate.

(Nota di RaiBobo: ho letto in anteprima questo articolo e mi sono commosso.... )

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Veramente bellissimi.
I ricordi scritti da Giulio sono sempre profondi e toccanti.. grazie Pelu, per aver pubblicato tutto.
mxm

NOTA

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